sabato 13 agosto 2016

Profughi bloccati alle frontiere europee

Lettera Appello alla Commissione Europea
 On. Federica MOGHERINI
On. Dimitris AVRAMOPOULOS
Centinaia di profughi sono bloccati a Ventimiglia, a Como, alle soglie della frontiera delle Alpi. A Milano ne sono arrivati quasi 3.500 e continuano ad aumentare perché appena il 20 per cento riescono a proseguire il loro viaggio, rispetto all’85/90 per cento degli anni scorsi.

E’ una situazione che sta esplodendo, come dimostrano i disordini avvenuti nei giorni scorsi a Ventimiglia, dove purtroppo si è dovuta registrare anche la morte di un agente di polizia. Ma rischia di essere soltanto l’inizio, se si pensa a quanto accade nei centri di accoglienza in Italia: i campi sempre più affollati, i tempi d’attesa lunghissimi per chi vuole chiedere asilo in Italia o proseguire il suo itinerario verso altri paesi europei, il clima di enorme incertezza inducono sempre più spesso i migranti a fuggire, per cercare di superare la frontiera, anche sfidando il rischio di essere rimandati indietro al primo controllo e affidandosi magari alle organizzazioni di trafficanti che hanno messo radici anche in Europa.
Il punto è che l’Europa è sempre più chiusa e continua ad alzare barriere alle sue frontiere, sia quelle esterne, sia quelle interne tra i singoli Stati. In particolare appare evidente, in questo contesto, il fallimento del programma di relocation: erano stati previsti 160 mila posti entro il 2017 ma ad oggi ne sono stati attivati in concreto solo poco più di 3.500, dei quali 902 dall’Italia e il resto dalla Grecia. E’ evidente che se il progetto funzionasse, nessuno dei richiedenti asilo si esporrebbe al rischio di un viaggio in clandestinità verso l’ignoto, dove l’unica certezza sono le difficoltà e le sofferenze che si incontreranno lungo il cammino, spesso l’incomprensione o addirittura l’ostilità di molti, la prospettiva sempre più frequenti di finire nelle mani dei trafficanti, esattamente come è accaduto a tantissimi di loro in Africa, prima dello sbarco in Italia.

Emergono allora due esigenze a cui dare risposte immediate:

 – Rimettere in moto il piano di relocation, chiedendo a Bruxelles e ai singoli Stati Ue di rispettare gli impegni presi, secondo il principio, più volte ribadito da vari leader europei, che “ciascuno deve fare la propria parte”.
– Attuare finalmente in Italia (che finora si è rivelata essenzialmente un paese di transito per i migranti) un sistema di accoglienza in grado di superare la situazione attuale che registra oltre 90 mila posti nelle strutture “straordinarie” (Cas e Cara) e meno di 25 mila in quelle destinate ad accompagnare i profughi in un percorso di inserimento sociale (Sprar), portando le sue capacità di “ospitalità” permanente ai livelli della media europea.
Un problema particolare ed estremamente delicato è, in questa situazione, quello dei minori non accompagnati. Ne arrivano sempre di più: risultano triplicati negli ultimi cinque anni. E sempre di più ne spariscono senza lasciare traccia. Ce ne sono tantissimi anche tra i profughi bloccati a Ventimiglia, a Como, a Milano, ai posti di frontiera: ragazzi nella stragrande maggioranza identificati allo sbarco e dunque formalmente “presi in carico” dallo Stato italiano e poi “spariti”. Appare evidente che per tutti loro occorre una attenzione particolare. E’ certamente positiva la decisione del Governo italiano di aprire entro brevissimo tempo 35 nuovi centri di accoglienza dove prendersi cura di questa speciale categoria di profughi, i più deboli e a rischio, come hanno denunciato a più riprese numerose Ong e la stessa Europol. La situazione che si è creata nelle ultime settimane, però, esige interventi immediati che coinvolgano l’intera Europa:

– Facilitare, da parte dei Governi dell’Unione, l’ingresso dei ragazzi che abbiano nel paese parenti e familiari disposti a prendersi cura di loro, a cominciare dai minori bloccati in questi giorni alle frontiere.
– Uniformare e rendere le più rapide possibile le procedure per l’affidamento a familiari presenti o negli stessi paesi di sbarco (essenzialmente Italia e Grecia) o in altri paesi di tutta l’Europa comunitaria, come prevede anche il regolamento di Dublino.
– Attivare e potenziare i servizi sociali territoriali che devono prendersi cura dei profughi minorenni non accompagnati che non risultano avere familiari in uno dei paesi europei, ospitandoli in comunità di accoglienza adeguate, senza escludere in futuro soluzioni migliori, come l’affidamento a famiglie disposte ad accoglierli o ad eventuali parenti ritrovati o arrivati nel frattempo in Europa.

Non si tratta di interventi straordinari. Si tratta solo di applicare le leggi e le regole che gli Stati Ue si sono dati. Anzi, di rispettare i valori da cui è nata l’idea stessa di Unione Europea. Dare risposte adeguate all’attuale crisi dei migranti, allora, va forse molto al di là del problema in sé: è  una sfida in cui è in gioco il futuro dell’Europa. 

don Mussie Zerai

presidente dell’agenzia Habeshia

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