giovedì 7 marzo 2013

Sinai, l’orrore del mercato di schiavi



di Mussie Zerai

Sono passati già sette anni dalle prime denunce. Ma da allora, era il 2006, il traffico di esseri umani nel Sinai non ha conosciuto soste. Anzi, è diventato sempre più fiorente. Negli ultimi tre anni, in particolare, c’è stata un’autentica escalation, che ha arricchito i trafficanti e i loro complici. Versando il sangue di centinaia, migliaia di innocenti. Questi predoni non hanno risparmiato neanche i bambini e le donne in stato di gravidanza, costretti spesso a subire violenze indicibili e abusi sessuali. Ma i potenti del mondo hanno preferito voltare le spalle di fronte ai poveri, a questi “ultimi degli ultimi” presi in ostaggio e ridotti in schiavitù.
E’ dal novembre del 2010 che ho cominciato a occuparmi di questa autentica emergenza umanitaria. Ne ho denunciato l’orrore al mondo intero attraverso tutti i mass media, bussando alle porte di ambasciate, governi, parlamenti. Fino al Papa. Non sono rimasto solo in questa battaglia. Con me e l’agenzia Habeshia l’hanno intrapresa anche altre organizzazioni umanitarie. Tutti insieme abbiamo mostrato alla comunità internazionale la tragedia orrenda che si sta consumando nel deserto del Sinai, ai bordi del confine tra Egitto ed Israele. Ma i potenti sono rimasti sordi, ostinatamente sordi, al grido di dolore di migliaia di esseri umani. Migliaia di nuovi schiavi ignorati da tutte le cancellerie del Nord del mondo.
E’ una indifferenza colpevole e assurda. Per i credenti come per i non credenti. Basta fermarsi un attimo a riflettere. “Dio non fa preferenze di persone (At 10,34; cfr. Rm 2,11; Gal 2,6; Ef 6,9), poiché tutti gli uomini hanno la stessa dignità di creature a Sua immagine e somiglianza”. E proprio l’incarnazione del Figlio di Dio manifesta l’uguaglianza e la pari dignità tra tutti gli uomini e le donne. “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna;poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28; cfr. Rm 10,12; Cor 12,13; Col 3,11). E’ stata lunga e faticosa la battaglia dell’umanità per affermare questi principi. In particolare nel ventesimo secolo, con le lotte per i diritti umani e civili, contro la schiavitù, le diseguaglianze, lo sfruttamento dell’uomo sull'uomo  i soprusi. Contro, in una parola, la negazione e la soppressione della dignità umana. Decisiva appare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948: la base di partenza per un mondo più giusto e un futuro migliore, non a caso arrivata all'indomani dell’immane massacro e degli orrori della seconda guerra mondiale.
Oggi, però, tutto questo sembra dimenticato. Appare positivo e comunque lecito soltanto tutto ciò che rende denaro. Persino il traffico di esseri umani e di organi per i trapianti clandestini. Non si parla d’altro che di soldi e di economia, come se il valore della vita umana si esaurisse nei mercati e nella borsa. E i poteri che hanno la responsabilità di governare il pianeta sembrano aver dimenticato che il loro ruolo primario è quello di garantire la vivibilità e il rispetto della dignità umana. Che al centro dell’economia deve esserci comunque l’uomo. Che non c’è futuro senza la difesa e l’affermazione del bene comune.
E’ eloquente, in proposito, anche la Dottrina Sociale della Chiesa: “La responsabilità di conseguire il bene comune compete, oltre che alle singole persone, anche allo Stato, poiché il bene comune è la ragion d’essere dell’autorità politica. Lo Stato, infatti, deve garantire coesione, unitarietà e organizzazione della società civile di cui è espressione, in modo che il bene comune possa essere conseguito con il contributo di tutti i cittadini. L’uomo singolo, la famiglia, i corpi intermedi da soli non sono in grado di pervenire da se stessi al loro pieno sviluppo; da ciò deriva la necessità di istituzioni politiche, la cui finalità è quella di rendere accessibili alle persone i beni necessari materiali, culturali, morali, spirituali per condurre una vita veramente umana”.
Ed ecco il punto, allora. I governi dei paesi a cui ci siamo rivolti per chiedere aiuto, per implorarli di fare tutto il possibile per la liberazione degli ostaggi sequestrati dai mercanti di esseri umani, si sono dimenticati del bene comune. Non vogliono capire che anche la salvezza di quella povera gente è il bene comune. Non può non esserlo la vita di oltre 65 mila persone finite nelle mani dei trafficanti. Ma tutto tace, nonostante i continui, paurosi segnali che confermano ogni giorno questa enorme emergenza. Come gli oltre tremila giovani, uomini e donne, di cui si è persa ogni traccia nel Sinai: svaniti nel nulla. O come la scoperta, nel deserto, di tante fosse comuni dove sono finiti i resti di centinaia di disperati.
Non stanno perseguendo il bene comune, in particolare, i governi di Egitto, Israele, Sudan, Eritrea. Nessuno si mobilita davvero per catturare i mercanti di morte e mettere fine a questo crimine orribile. C’è da chiedersi quanti innocenti debbano ancora morire prima che questi Paesi e, più in generale, i “potenti della terra” sentano il dovere di difendere e proteggere la vita e i diritti di queste persone. “Colpevoli” solo di essere profughi e rifugiati. 
Sentire ogni giorno il pianto e la disperazione degli ostaggi e delle loro famiglie, è uno strazio: è il segnale che l’ingiustizia trionfa, che la dignità umana viene calpestata, che la vita umana vale da 30 a 60 mila dollari, il riscatto preteso dalle organizzazioni criminali per liberare gli schiavi prigionieri. Nessuno può tacere di fronte a tutto questo. Torno a far appello, dunque, a chi governa le sorti del pianeta: “Restituiteci la nostra dignità. Restituiteci la nostra libertà. Restituiteci i diritti che i nostri padri, nel 1948, scrivendo la Dichiarazione Universale, hanno inteso dare a tutti noi e per tutti noi. La comunità internazionale ritrovi la forza morale di quegli uomini che hanno messo al centro del fine e del dovere delle Nazioni Unite l’uomo e i suoi diritti fondamentali. Oggi serve quella stessa energia per combattere l’orrore che sta insanguinando il Sinai: un crimine contro l’umanità commesso sotto gli occhi della comunità internazionale”.
Sono migliaia, in questo momento, le persone in balia dei trafficanti. Sono i ragazzi tenuti prigionieri nel deserto e le loro famiglie, travolte dalla necessità di mettere insieme in qualche modo i soldi del riscatto. Uomini e donne finiti nel gorgo di un dramma orrendo mentre cercavano di sfuggire a guerre e persecuzioni. Hanno lasciato il loro paese guardando al Nord del mondo come “patria” della libertà e dei diritti. La comunità internazionale non può continuare a voltarsi dall'altra parte.  

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