domenica 4 luglio 2010

IMMIGRATI: ERITREI DETENUTI IN LIBIA, APPELLO 'L'UNITA'' A GOVERNO

(ASCA) - Roma, 3 lug - Un appello al Governo italiano per ''fermare il massacro dei prigionieri in Libia'', arriva dalle pagine de ''L'Unita''' che racconta la storia di 250 eritrei, senza cibo ne' acqua. ''Erano sulla rotta di Lampedusa quando sono stati arrestati e portati nel lager di Gheddafi, ammassati in 90 in una stanzetta e picchiati ogni due ore'': il drammatico racconto arriva da don Mussie Zerai, sacerdote e responsabile dell'agenzia Habesha, Ong dedicata all'accoglienza dei migranti africani, che ha riferito al quotidiano l'ultima telefonata avuta con uno degli eritrei rinchiusi nel centro di detenzione di Brak, nella valle dello Shaty, nel Sud della Libia, a circa 75 chilometri da Sebha. Quando sono arrivati a Sebha, dopo un viaggio di mille chilometri ''hanno ricevuto pochissima acqua e ancora meno cibo, cinque persone nella stanza respirano a fatica, ci sono persone ferite, il cui sangue rende ancora piu' irrespirabile l'aria''. Zerai racconta cosi' quello che a loro volta i rifugiati hanno raccontato a lui. Rifugiati eritrei respinti nel 2009 dalle forze italiane dal Canale di Sicilia in Libia. E un altro drammatico racconto arriva da Gabriele del Grande, fondatore di ''Fortress Europe'': e' il 30 giugno ''l'esercito libico ha fatto irruzione nel carcere di Misratah all'alba, il giorno dopo la rivolta degli eritrei. Molti stavano ancora dormendo, li hanno portati via cosi', 300 persone circa e li hanno rinchiusi dentro due camion e un container di ferro. Tutti quelli che hanno lavorato all'accordo tra Italia e Libia dovrebbero riflettere sugli effetti che ha prodotto''. Da queste considerazioni muove anche l'appello del quotidiano: ''ci rivolgiamo ai nostri lettori, serve un'ampia mobilitazione per rompere il silenzio. Per questo vi chiediamo di inviare una mail al ministro dell'Interno Roberto Maroni perche' la legga e la inoltre al resto del Governo''. Gli eritrei di Brak chiedono, tramite Habesha, ''di essere accolti da un paese democratico in grado di rispettare il diritto dei richiedenti asilo politico e rifugiati''.

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