giovedì 11 marzo 2010

I rifugiati di Firenze (dal buco della serratura)

Facce, ambienti, scorci e pezzetti di vita sono gli attimi impressi da Simone Pierotti nella mostra «A nord di nessun sud» Storie ordinarie di rifugiati, verrebbe da pensare. Facce, ambienti, scorci e pezzetti di vita sono gli attimi impressi da Simone Pierotti - classe 1980, all'attivo collaborazioni illustri e una grande passione per il sociale - sulla pellicola del suo banco ottico. Il risultato sono gli scatti raccolti nella mostra «A nord di nessun sud» (nei locali dell'associazione culturale Ganzo, via de Macci 85/r fino al 23 marzo, ingresso libero) realizzata lavorando con le comunità di somali che vivono a Firenze in via Luca Giordano e che vivevano (fino alla recente demolizione del caseggiato occupato) sul viale Guidoni. «Questo lavoro – spiega Pierotti – è il risultato di una collaborazione con l'associazione Medici per i diritti umani, con la quale abbiamo intrapreso un cammino di documentazione della vita dei rifugiati». Le foto di Simone sono i tratti somatici di un popolo e della condizione che è costretto a vivere. Sono immagini che non denunciano niente perché non ce n'è bisogno, fanno molto di più: documentano. «Sono tutte foto di grande formato e stampate su pellicola – continua il fotografo –. Ho cercato di includere il verbo della pellicola, su ogni scatto c'è il codice del film. E poi le foto su pellicola, al contrario di quelle digitali, non sono manipolabili». Il ruolo dei protagonisti è interpretato dai rifugiati stessi e dagli ambienti nei quali vivono la loro quotidianità. Camerate, lettini improvvisati, coperte malandate, facce serie intervallate dai documenti rilasciati al momento dello sbarco sulle coste italiane, prima di cominciare a vagare per la penisola. «C'è stata molta collaborazione da parte dei ragazzi che ho fotografato e poi, utilizzando una macchina fotografica particolare come il banco ottico che, per via delle grosse dimensioni, aveva bisogno di una tempistica diversa da quella di una normale digitale, c'è stato modo di interagire molto con le persone che fotografavo. Spesso erano loro a darmi suggerimenti e a dirmi che preferivano essere ritratti in un posti anziché in un altro». Il tassello fiorentino di un progetto che spia dal buco della serratura in situazioni scomode, diffuse dentro e fuori i confini italiani. «Vorrei che questo lavoro rimanesse a Firenze perché è qui che è nato ed è qui che ha senso che rimanga». Info: www.simonepierotti.com Ludovica Zarrilli 03 marzo 2010

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